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Pensionamenti scuola: domande

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Pensionamenti scuola: domande.

da CGIL Scuola

Entro il 12 dicembre le domande online

È stata pubblicata la nota operativa 50647 del 16 novembre 2018 e la tabella con i requisiti relativa ai pensionamenti del personale della scuola dal 1° settembre 2019, in attuazione del Decreto Ministeriale 727 del 15 novembre 2018.

La scadenza per la presentazione delle domande di dimissioni volontarie dal servizio (e l’eventuale richiesta di pensione più part-time) per il personale della scuola (docenti/educatori e ATA) è fissata al 12 dicembre 2018. Per i dirigenti scolastici il termine per la presentazione delle istanze è il 28 febbraio 2019.
Sempre nelle stesse date è possibile revocare la domanda di dimissioni che va condizionata all’effettivo possesso dei requisiti.

Per le dimissioni relative alla fruizione dell’istituto dell’APE sociale, in vista di modifiche normative, è prevista una specifica circolare.

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La signora maestra

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La signora maestra. Considerazioni sulla scuola di un tempo.

ELOGIO DELLA SIGNORA MAESTRA

 

Comunicato dell’Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante

Quando il livello degli apprendimenti forniti da un sistema scolastico nazionale decade in modo sensibile, è opportuno guardarsi indietro e chiedersi come mai ciò sia successo. La fase dell’analisi deve precedere quella dell’intervento, altrimenti quest’ultimo rischia di non centrare il bersaglio, anzi di inoltrarsi sulla strada sbagliata perpetuando l’errore.

Di fronte a una diffusa incapacità dei nostri alunni di scrivere in modo corretto – non si dice efficace, meno che meno elegante – di risolvere problemi matematica semplici, di collocare i principali eventi storici sulla linea del tempo, o di orientarsi in modo anche elementare nel sapere geografico, è dunque opportuno procedere per confronti, assumendo come termine di paragone una fase storica in cui la situazione era diversa ma, allo stesso tempo, sufficientemente omogenea rispetto all’ attuale. Non, per intenderci, la scuola “classista” (come oggi si sente dire, e ci esentiamo qui dall’entrare nel merito) modulata dalla triade Casati – Coppino – Gentile, la quale, in tutti i sensi troppo lontana dalla nostra, minerebbe alla base  la possibilità di un raffronto.

Andiamo dunque indietro nel tempo, ma non troppo, fermandoci alla nascita della Scuola Media Unificata (1963) la quale, qua e là ritoccata, è ancor oggi vigente. Diciamo che prendiamo di mira gli anni ’63 – ’70, quando si usciva dalle elementari ben altrimenti ferrati,  e la scuola media, quantunque unificata, non danneggiava più di tanto il prodotto.

Ci imbattiamo così  in una mitica figura: la “signora maestra”. C’era di certo, in quegli anni, anche  il “signor maestro”, assai più rappresentato, numericamente, di quanto non sia oggi. Ma per ragioni di comodità e anche un po’ di galanteria ci riferiremo, in questa righe, alla prima.

Quello che ci interessa comprendere è come e perché una tale figura che aveva alle spalle solo quattro anni di studi medio-superiori frequentati presso il defunto Istituto Magistrale, e che operava in classe, sostanzialmente, in splendida quanto ardua solitudine, sia riuscita a fare ciò che non riesce oggi a interi team di docenti laureati, dotati oltretutto di strumentazioni didattiche elettroniche che la Nostra neppure poteva sognarsi. Come cioè sia riuscita  a edificare le basi di una cultura nazionale mediamente solida, consistente in capacità linguistiche e matematiche di tutto rispetto, e conoscenze storiche e geografiche altrettanto ragguardevoli.

Diciamo subito che metteremo da parte le motivazioni di natura sociologica. Non tanto perché siano false, ma perché non sono utili ad affrontare il tema. Quand’anche  puntassimo il dito sulla conclamata crisi della famiglia, infatti, la nostra riflessione non ne trarrebbe vantaggio. E neppure se sottolineassimo le difficoltà determinate dalla presenza in aula di alunni di diversa origine culturale e linguistica, questione (sulla quale AESPI ha recentemente proposto classi ad hoc con aumentato monte ore linguistico) che attualmente si affronta con i classici pannicelli caldi, nonché cautelosi e politicamente corretti.

Neppure la nota argomentazione che pone l’accento sull’accresciuta complessità del sapere, e con ciò giustifica la presenza di un corpo insegnante numericamente più cospicuo e dotato di istruzione accademica, sembra  convincente. Il sapere non è mai stato semplice, e inoltre le basi di una cultura (perché è delle basi che stiamo parlando) non si costituiscono studiando la meccatronica o la chimica-fisica, e neppure la psicocritica letteraria.

Dunque cerchiamo di rimanere, per così dire, dentro il sistema, e di capire perché quello degli anni cinquanta-sessanta, in apparenza così povero, funzionava, e il nostro no.

Sicuramente la signora maestra, quando era a scuola, faceva soprattutto lezione. Le sue incombenze burocratiche erano limitate, e poteva così utilizzare tutte le sue risorse mentali e nervose per quello che rimane l’essenza dell’istituzione, cioè la oggi vituperata lezione frontale. Non doveva preoccuparsi di “certificare” ciò che i suoi alunni sapessero o non sapessero, limitandosi a valutare numericamente le loro interrogazioni e i loro elaborati.

Sicuramente la signora maestra godeva in classe di un rispetto che prescindeva dal grado di “autorevolezza” personalmente posseduto. Anche se magari noiosetta nelle spiegazioni e petulante nei fervorini, la si ascoltava limitandosi a sbuffare un po’ di nascosto. Poteva non essere autorevole, ma aveva comunque l’autorità: quella del suo ruolo. Se uno studente le avesse tirato addosso una sedia, se una mamma le avesse sputato in faccia, sarebbero stati presi illico et immediate provvedimenti tali da convincere l’uno e l’altra di non osare mai più tanto, e da lasciare loro un ricordo indelebile nonché istruttivo circa le conseguenze che le proprie azioni possono avere a questo mondo.

La signora maestra aveva un programma di studi al quale si doveva attenere, e che garantiva l’unità culturale della Nazione, cioè il fatto che le generazioni potessero parlare capendosi. Questo programma veniva svolto impartendo prima di tutto delle nozioni, le quali avevano come conseguenza, e non come premessa, il saper eseguire dei compiti (scrivere un buon tema, risolvere il problema, rispondere correttamente al questionario). Non esistevano test a risposte chiuse, di fronte ai quali la nostra insegnante si sarebbe chiesta quale vento di follia stesse spirando. Le risposte alle domande dovevano essere discorsive, in modo da non smarrire per strada le capacità espositive. Le “competenze” si maturavano sulla base delle nozioni impartite e apprese e delle esercitazioni assegnate dall’insegnante, non venivano programmate predisponendo “scenari” e proponendo “problem solving”.

La signora maestra non godeva neanche nei fifties di un lauto stipendio, ma di una decorosa considerazione sociale, sì. Nessun uomo politico si sarebbe sognato di dichiarare che nei mesi estivi avrebbe dovuto rimanere a disposizione a scuola per fare da badante ai ragazzini e sollevare così da tale incombenza genitori e nonni.

Ecco: con questi strumenti semplici e di buon senso, con questa dignitosa povertà di mezzi, con l’autorità conferitale dal riconoscimento sociale del suo lavoro, la signora maestra, in quell’Italia che risentiva ancora dei postumi della guerra, andava facendo gli italiani.

Il tempo passa, e le epoche e le fasi storiche, si sa, non si recuperano come un vecchio abito dimenticato nel fondo di un armadio. Non sarebbe neppure giusto cercare di farlo. Ma è lecito chiedersi se quella semplice maestra non laureata, quella  signora maestra, possa ancora indicarci una strada – non esattamente la sua, ma analoga almeno nei principi generali e fondanti – per uscire dalla palude in cui ci siamo intrappolati.

Milano, 20.11.2018

Alfonso Indelicato – Responsabile della Comunicazione A.E.S.P.I.

 

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Abolizione materie e scelta insegnanti

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CONVEGNO ANP 

da ANP – ANSA

La scuola del futuro al MAXXI – bellezza, efficacia, sicurezza

Via le materie, ovvero superamento delle discipline scolastiche a favore degli argomenti; via le|graduatorie, lasciando al dirigente scolastico la possibilità di scegliere gli insegnanti supplenti sulla base delle competenze…

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T

PRIMA O POI DOVEVA SUCCEDERE: DENUNCIA ALLA POLIZIA POSTALE

Video degli alunni sul web, la maestra viola la Privacy”

Lo dicevamo da tempo nelle varie occasioni di formazione docenti sia a livello regionale che nazionale. Si percepisce in modalità diffusa la carenza di personale esperto in materia, complessa e soggetta a numerosi aggiustamenti nel tempo, nel mondo scuola. Il rischio è alto, soprattutto per quei docenti animati dall’idea di praticare una didattica contemporanea che ha il suo fulcro nelle tecnologie Didattiche con tutte le conseguenze del caso. 

 Pubblicare immagini di minori che facilitano la loro identificazione è un’azione impossibile: non basta una semplice liberatoria del genitore, il Garante lo ha affermato con chiarezza.

Ma il settore delle immagini e dei video non è l’unico scenario in causa. Consideriamo l’utilizzo di piattaforme, forum, siti personali. 
Quanti insegnanti, animati da propositi costruttivi, hanno creato una piattaforma personale (esempio fra tutti Edmodo che fino a poco tempo fa andava di gran moda) inserendovi i dati personali dei propri alunni. Si può fare?  sappiamo che in Italia solo a 14 anni è possibile avere un account di posta elettronica indispensabile ad iscriversi ad ambienti come Moodle.

I dati personali degli studenti dovrebbero appartenere ed essere gestiti dall’Istituto e non dai docenti. E’ come immaginare che un medico ospedaliero utilizzasse i dati dei pazienti per il suo studio privato? Senza considerare che in una piattaforma gestita privatamente possono confluire elaborati come temi contenenti situazioni personali o familiari. 

Ci troviamo quindi di fronte a scenari complessi e delicati dove si cammina su campi minati con conseguenze importanti. Certo è che farlo con gli occhi bendati, senza l’adeguata preparazione e competenza, è un comportamento da evitare con grande attenzione.

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Eventi locali, nazionali e internazionali.

Tempo pieno in tutte le scuole elementari». Emendamento M5S

La proposta, approvata in Commissione Cultura, ora dovrà passare dalla Commissione Bilancio. C’è il problema delle coperture finanziarie anche se per ora si parla solo di 2.000 maestre in più (su 15 mila scuole)Da: Corriere della Sera – scuola

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